Consulenza in Itinere - Pedagogia Clinica

Esperienze per uno sviluppo accurato della Persona e delle Relazioni

Militanza “Agropedagogica” in Brianza

Sabato 22 aprile, a Lissone, assieme agli altri protagonisti della Rete del progetto “Coltivare Valore”, accoglierò tutte le persone che vorranno venire a scoprire uno dei tre poli permaculturali in creazione grazie alla partecipazione di Fondazione Cariplo.

In particolare, mi occuperò di spiegare e presentare i lavori che Associazione Sulé, per la quale collaboro in questo progetto, sta realizzando nel secondo dei tre poli permaculturali, a Concorezzo: trasformando un piccolo campo in disuso in una “aula sperimentale” di formazione agropedagogica, per chi ha voglia di imparare un mestiere certamente faticoso, ma soddisfacente e fuori dalle logiche mercantilistiche della grande filiera agro-alimentare: l’operatore agricolo permaculturale.

Il terzo polo permaculturale è in fase di realizzazione a Triuggio, dove molti dei partner della Rete si stanno prodigando per la creazione di una Cascina didattica specializzata in educazione ambientale e orientata alla produzione arboricola e orticola in stile permaculturale.

Se avete voglia di scoprire qualcosa di più sulla Permacultura, se volete passare un pomeriggio interessante e allegro, anche con i vostri figli e figlie, se avete voglia di provare prodotti a Km0… venite a Lissone il 22 aprile!

I partner del progetto sono:

Cooperativa Il Ponte
Consorzio Comunità Brianza
Mestieri Lombardia U.O. Monza
Stripes Cooperativa Sociale Onlus
Fondazione Stefania
Meta – Metodologie Educative Territorio Ambiente
Distretto di Economia Sociale
Associazione Sulè Onlus

Pedagogia ed attività esperienziali, nuova intervista su Instagram.

Ringraziando nuovamente l’ottima Dott.ssa e collega pedagogista Cristina Ferretti vi invitiamo ad ascoltare la nostra chiacchierata sul senso di costruire esperienze emozionali e relazionali all’interno di un percorso di consulenza pedagogica.

Ci siamo soffermati anche sull’importanza di poter rileggere in chiave evolutiva le situazioni relazionali quotidiane e sull’importanza di avere tempi e spazi relazionali dedicati per la costruzione di emozioni e memorie condivise con i propri figli e le proprie figlie.

Trovate l’intervista Instagram a questo link.

Buona visione e buon ascolto!

Pedagogia e Comunità, intervista su Instagram

Grazie ad una preziosa collega, abbiamo messo insieme una chiacchierata di circa 30 minuti sull’essere educatore socio-pedagogico in contesto comunitario.

Se volete qualche spunto di riflessione sullo “stare con”, sull’importanza di una buona supervisione, sulle fatiche emozionali e relazionali che un operatore di comunità è chiamato ad affrontare: ascoltate l’intervista e lasciatevi ispirare.

Resto a disposizione per qualsiasi chiarimento e supporto.

L’intervista su Instagram la trovate a questo indirizzo.

Grazie!

Cultura in Bolla – Inaugurazione Spazio LaBolla

Il 29 aprile sarà inaugurato ufficialmente il rilancio del Teatro La Bolla, di Bollate.

Nel comunicato, tutti i dettagli del percorso che è stato costruito attorno e dentro a questo evento: a partire dal corso di formazione in “Operatore ludico di comunità”, con relativo tirocinio presso il teatro, per finire con la serata dedicata ai bambini e alla musica contemporanea.

In tutto questo, abbiamo messo un pezzettino anche noi: con la docenza dei moduli di “Geografie delle Identità”, “Pedagogia dell’esperienza” e “Conduzione dei gruppi”, durante il corso di formazione, e seguendo poi da vicino la costruzione e la realizzazione del progetto di tirocinio per due corsisti.

Il flyer dell’evento:

Il Comunicato stampa:

Occhio non vede, cuore non duole? Pedagogista ascolta.

Il Pedagogista è esperto in gestione relazionale ed in gestione emozionale. Fornisce supporto al dialogo famigliare, supporto genitoriale e supporto allo sviluppo della persona.

Per questo ha facoltà di intervenire, con la delicatezza e la decisione necessarie, in quelle situazioni che restano taciute, nascoste, volutamente mal viste in molte famiglie, nella convinzione che sia vero il detto “occhio non vede, cuore non duole” – rischiando invece di accumulare tensioni e sofferenze.

Lo fa attraverso una serie di colloqui mirati, in studio, a domicilio oppure online, con i singoli o in gruppo e, nei casi opportuni, realizzando interventi educativi ad hoc: esperienze da costruirsi e realizzarsi insieme per prendersi cura delle parti fragili e crescere in modo accurato.

Lo fa, ad esempio, in casi di comportamenti a rischio, dipendenze, ritiro sociale, autolesionismo, aggressività subita o violenza assistita, bullismo, problematiche nella gestione della rabbia, situazioni di iperattività, perdita motivazionale, disorientamento nella scelta formativa, fragilità genitoriali, difficile gestione del rapporto tra fratelli e sorelle, difficoltà nella coppia genitoriale, crisi famigliari.

La via pedagogica ed educativa offre un valido sostegno a chi, con delicatezza, non vuole più girare lo sguardo altrove.

A che mi serve uno bravo?

Sembra impossibile sentir parlare di Pedagogia fuori dai contesti didattici. Ci si chiede spesso che cosa possa fare uno specialista che si occupa di Sviluppo per qualcuno che a scuola non va: né per studio né per lavoro.

Un intervento educativo o un percorso pedagogico possono fare molto, in realtà, anche fuori dai contesti didattici. La nostra vita è una continua selezione di esperienze ed un continuo intreccio di relazioni: dagli sconosciuti che ci sorpassano in motorino, fino agli amori profondi e appaganti, dalla snervante routine quotidiana alle rassicuranti abitudini familiari.

È in questa selezione di esperienze, in questo intreccio di relazioni che la nostra persona evolve e si sviluppa. Tutti i giorni, per tutta la vita. L’esperienza “didattica”, il contesto “scolastico”, è il contesto in cui sviluppo e formazione sono espliciti e volutamente finalizzati: ma non è che uno dei contesti in cui sono presenti.

Il contesto familiare, ad esempio, è il contesto di sviluppo per eccellenza. Altrettanto, potremmo elencare anche i contesti delle attività con i pari (sport, gioco, tempo libero), il contesto lavorativo, il contesto di culto, il contesto dell’impegno sociale… In ognuno di questi contesti esistono esperienze e situazioni relazionali che spingono la nostra persona ad evolvere e a svilupparsi.

Succede che alcune di queste situazioni relazionali ci mettano in una condizione di fragilità, in una condizione delicata che presenta vincoli e possibilità evolutivi che da soli facciamo fatica a cogliere ed intraprendere, spesso perché siamo ancorati a meccanismi relazionali radicati e difficilmente modellabili – a loro modo consolanti, anche se disfunzionali!

Proprio qui si inserisce l’intervento pedagogico: senza alcuna pretesa terapeutica, intende prendersi cura della Persona e delle Relazioni che ha, nei contesti in cui vive, aiutando a evidenziare i vincoli ai quali è sottoposta per farne fruttare le possibilità evolutive, in un’ottica di ben-essere e funzionalità, per generare meccanismi relazionali accuratamente e realmente appaganti.

Fiducia, un gioco alla volta

Cosa si nasconde dietro alla Fiducia? Quale sottile meccanismo relazionale muoviamo quando sentiamo di avere a che fare con qualcuno di cui possiamo fidarci?

Se facciamo attenzione al momento in cui avvertiamo qualcuno come “meritevole di fiducia”, stiamo in fondo accettando il rischio che non lo sia.

Allo stesso tempo, pensiamo di meritare fiducia nel momento in cui sappiamo che le altre persone con le quali abbiamo a che fare accettano il rischio che possiamo tradire le loro aspettative.

Costruire una relazione di fiducia richiede tempi diversi a seconda delle persone coinvolte, ma non solo: richiede uno spazio di sperimentazione scevro da conseguenze insanabili, ricolmo di strumenti atti ad analizzare e recuperare gli errori fatti, regolato da passaggi espliciti, condivisi e volutamente non giudicanti.

Le situazioni di gioco, che i nostri figli e le nostre figlie sperimentano tra pari o con noi genitori, aiutano a creare quel genere di “spazio di sperimentazione” che sposta attenzione, giudizio e rischio in una dimensione “senza ricadute reali”.

Anche “i grandi” possono sfruttare situazioni di gioco strutturate e ripetute per rinsaldare la fiducia e sperimentare i confini relazionali con i propri pari: partner, colleghi, parenti. Non a caso, in piccolo, temporaneamente e in maniera non intenzionale, è quello che accade spesso durante le feste di Natale.

I Giochi di Ruolo sono uno strumento pedagogico ed educativo strabiliante, da questo punto di vista. Ne esistono di svariate versioni: tradizionali o di ultima generazione, con o senza dadi, con o senza regole preordinate, che durano 30 minuti o anni interi, che costruiscono mondi o che stanno racchiusi in una scatola.

Alcuni interventi socio-pedagogici trovano nel gioco – ed in particolare nel Gioco di Ruolo – uno spazio importante per la costruzione della fiducia tra le persone coinvolte.

Affidabile? Responsabile? Sì, Credici…

“Mio figlio mi dice di sì e poi fa quello che vuole: Metti a posto la stanza… Studia… Rientra per le cinque… Dice sempre sì, e poi la stanza è sempre uno schifo… passa le ore a guardare i tutorial… rientra quando vuole!”

Quante ci troviamo a rivolgere ad amici e parenti questa lamentela, credendo che il tema sia il mancato rispetto del nostro ruolo genitoriale da parte di un figlio strafottente e viziato?

Le dinamiche nascoste dietro a questo sfogo possono essere disparate e molto complesse. La prospettiva pedagogica ci invita ad una riflessione focalizzata sulla relazione: è necessario, ad un certo punto del nostro sviluppo come gruppo famiglia, generare situazioni che accrescano il livello di affidabilità reciproca e la quota di responsabilità in capo ad ognuno.

In una relazione, si è affidabili quando si tiene un comportamento che dà alla controparte un margine di sicurezza sulla nostra capacità di soddisfare richieste o situazioni simili nel tempo.

Allo stesso modo, in quella relazione potrò dire di essere responsabile se, davanti ad una certa situazione, saprò valutare e considerare le conseguenze delle mie azioni sulla relazione e sulle persone coinvolte – e rispondere in coscienza.

Il momento più critico per parlare di affidabilità e di responsabilità è quello dell’adolescenza, in cui la persona in crescita ridiscute e contesta limiti e relazioni, per verificarne la tenuta e i contenuti.

Da che età è bene iniziare a parlare di affidabilità e responsabilità con i proprio figli? Quanto abbiamo già lavorato con i nostri figli e le nostre figlie su questi aspetti, nelle diverse fasi di crescita?

Quanto abbiamo bisogno di lavorare sulla nostra affidabilità e responsabilità di genitori? Quanto e come siamo disposti a sperimentarci e a sperimentare situazioni che ci allenino ad uno stile relazionale famigliare affidabile e responsabile, creando un’alleanza in questa direzione?

Low Battery – Recharge!

Avete presente l’ansia che vi prende davanti alla batteria scarica del vostro cellulare? E avete presente la rabbia che vi assale quando, con l’1%, il caricatore non funziona?

Allo stesso modo reagiamo istintivamente davanti ad una persona che vive in uno stato di bassa energia, di malumore, di depressione. Che sia lieve o profonda. Che la spinga a starsene per qualche tempo sul divano o che la porti, invece, ad una condizione debilitante per lo studio, il lavoro, le relazioni private.

Alzati! Muoviti! Non stare lì fermo! Tirati su! Ci troviamo a dire e, magari, condiamo il tutto con qualche improperio o qualche veemente parola in dialetto.

La rabbia è la più viscerale e vitale scarica di energia che l’Essere umano abbia coltivato nel proprio patrimonio genetico. Anche davanti all’altrui carenza di energia, è la prima risposta naturale e istintiva che la nostra “memoria genetica” ripropone.

L’effetto che produciamo con questa istintiva “immissione di energia”, però, non sempre è quello che volevamo ottenere. Spesso la persona interessata si sente ancor più scarica, perché la nostra rabbia non è energia donata, ma – paradossalmente – energia richiesta, e quindi sottratta.

Come poter accompagnare al recupero di energie vitali coloro che ci stanno vicini, senza risultare noi stessi richiedenti?

La via pedagogica e la via educativa ci insegnano che “stare con” e “fare con” sono le due condizioni fondamentali per passare energia senza chiedere energia.

Stare con e fare con… che cosa, quando, dove? Un’attenta lettura pedagogica dei sistemi relazionali può fornire suggerimenti adeguati e sottili, volti a smuovere nella direzioni giusta i carichi energetici presenti. Un intervento educativo pianificato può fornire strumenti ed esempi creando esperienze condivise.

Lo scudo molle

Tratto da DUNE di Frank Herbert, Fanucci Editore, p. 367.

Una delle trovate fantascientifiche che più mi hanno intrigato nella lettura dell’opera di Herbert è sicuramente quella dello “scudo laser portatile”: un aggeggio da portarsi al polso o alla cintura, in grado di creare un campo di forza ideato per respingere e rallentare gli attacchi veloci e aggressivi.

Lo stile di lotta ideato per passare le difese di chi indossava uno scudo si concentrava su movimenti fluidi e suadenti, che permettevano alla lama di affondare lentamente nella difesa per arrivare al corpo dell’avversario.

Quante volte, in questi anni, ci siamo interrogati davanti a quegli adolescenti che sembravano indossare uno “scudo molle”, fatto di indifferenza millantata e strafottenza impenetrabile: contro le quali alzare la voce, imporre limiti ed elargire punizioni sembravano in tutto e per tutto come quegli “attacchi troppo veloci” deflessi dallo scudo di Paul Atreides!

Uno scudo che non può essere semplicemente “spento”, perché formatosi a difesa di una sensibilità troppo elevata, troppo accesa, troppo scoperta… fondamentalmente insicura. Allora meglio fingere (e crederci) che non puoi toccarmi. Allora meglio ributtarti indietro l’inutilità e l’ansia delle tue regole. Allora meglio deflettere le tue aggressioni e i tuoi giudizi spegnendoli in un lento affogare di silenzi e sguardi mancanti.

Quale strategia evolutiva possiamo offrire? Quali strumenti educativi possiamo usare davanti a questi “scudi molli”, se vogliamo stimolare una relazione che vada al di là delle difese, stimolando e recuperando la sensibilità emotiva dei portatori senza abusarne o ferirla? Quali passaggi, se vogliamo costruire una quotidianità funzionale e proiettata verso un prossimo futuro accettabile e fiducioso?

Ad ognuno una lettura pedagogica. Ad ognuno uno sguardo sul proprio paesaggio relazionale. Ad ognuno una nuova prospettiva.

« Articoli meno recenti