Esperienze per uno sviluppo accurato della Persona e delle Relazioni

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Occhio non vede, cuore non duole? Pedagogista ascolta.

Il Pedagogista è esperto in gestione relazionale ed in gestione emozionale. Fornisce supporto al dialogo famigliare, supporto genitoriale e supporto allo sviluppo della persona.

Per questo ha facoltà di intervenire, con la delicatezza e la decisione necessarie, in quelle situazioni che restano taciute, nascoste, volutamente mal viste in molte famiglie, nella convinzione che sia vero il detto “occhio non vede, cuore non duole” – rischiando invece di accumulare tensioni e sofferenze.

Lo fa attraverso una serie di colloqui mirati, in studio, a domicilio oppure online, con i singoli o in gruppo e, nei casi opportuni, realizzando interventi educativi ad hoc: esperienze da costruirsi e realizzarsi insieme per prendersi cura delle parti fragili e crescere in modo accurato.

Lo fa, ad esempio, in casi di comportamenti a rischio, dipendenze, ritiro sociale, autolesionismo, aggressività subita o violenza assistita, bullismo, problematiche nella gestione della rabbia, situazioni di iperattività, perdita motivazionale, disorientamento nella scelta formativa, fragilità genitoriali, difficile gestione del rapporto tra fratelli e sorelle, difficoltà nella coppia genitoriale, crisi famigliari.

La via pedagogica ed educativa offre un valido sostegno a chi, con delicatezza, non vuole più girare lo sguardo altrove.

Fiducia, un gioco alla volta

Cosa si nasconde dietro alla Fiducia? Quale sottile meccanismo relazionale muoviamo quando sentiamo di avere a che fare con qualcuno di cui possiamo fidarci?

Se facciamo attenzione al momento in cui avvertiamo qualcuno come “meritevole di fiducia”, stiamo in fondo accettando il rischio che non lo sia.

Allo stesso tempo, pensiamo di meritare fiducia nel momento in cui sappiamo che le altre persone con le quali abbiamo a che fare accettano il rischio che possiamo tradire le loro aspettative.

Costruire una relazione di fiducia richiede tempi diversi a seconda delle persone coinvolte, ma non solo: richiede uno spazio di sperimentazione scevro da conseguenze insanabili, ricolmo di strumenti atti ad analizzare e recuperare gli errori fatti, regolato da passaggi espliciti, condivisi e volutamente non giudicanti.

Le situazioni di gioco, che i nostri figli e le nostre figlie sperimentano tra pari o con noi genitori, aiutano a creare quel genere di “spazio di sperimentazione” che sposta attenzione, giudizio e rischio in una dimensione “senza ricadute reali”.

Anche “i grandi” possono sfruttare situazioni di gioco strutturate e ripetute per rinsaldare la fiducia e sperimentare i confini relazionali con i propri pari: partner, colleghi, parenti. Non a caso, in piccolo, temporaneamente e in maniera non intenzionale, è quello che accade spesso durante le feste di Natale.

I Giochi di Ruolo sono uno strumento pedagogico ed educativo strabiliante, da questo punto di vista. Ne esistono di svariate versioni: tradizionali o di ultima generazione, con o senza dadi, con o senza regole preordinate, che durano 30 minuti o anni interi, che costruiscono mondi o che stanno racchiusi in una scatola.

Alcuni interventi socio-pedagogici trovano nel gioco – ed in particolare nel Gioco di Ruolo – uno spazio importante per la costruzione della fiducia tra le persone coinvolte.

Affidabile? Responsabile? Sì, Credici…

“Mio figlio mi dice di sì e poi fa quello che vuole: Metti a posto la stanza… Studia… Rientra per le cinque… Dice sempre sì, e poi la stanza è sempre uno schifo… passa le ore a guardare i tutorial… rientra quando vuole!”

Quante ci troviamo a rivolgere ad amici e parenti questa lamentela, credendo che il tema sia il mancato rispetto del nostro ruolo genitoriale da parte di un figlio strafottente e viziato?

Le dinamiche nascoste dietro a questo sfogo possono essere disparate e molto complesse. La prospettiva pedagogica ci invita ad una riflessione focalizzata sulla relazione: è necessario, ad un certo punto del nostro sviluppo come gruppo famiglia, generare situazioni che accrescano il livello di affidabilità reciproca e la quota di responsabilità in capo ad ognuno.

In una relazione, si è affidabili quando si tiene un comportamento che dà alla controparte un margine di sicurezza sulla nostra capacità di soddisfare richieste o situazioni simili nel tempo.

Allo stesso modo, in quella relazione potrò dire di essere responsabile se, davanti ad una certa situazione, saprò valutare e considerare le conseguenze delle mie azioni sulla relazione e sulle persone coinvolte – e rispondere in coscienza.

Il momento più critico per parlare di affidabilità e di responsabilità è quello dell’adolescenza, in cui la persona in crescita ridiscute e contesta limiti e relazioni, per verificarne la tenuta e i contenuti.

Da che età è bene iniziare a parlare di affidabilità e responsabilità con i proprio figli? Quanto abbiamo già lavorato con i nostri figli e le nostre figlie su questi aspetti, nelle diverse fasi di crescita?

Quanto abbiamo bisogno di lavorare sulla nostra affidabilità e responsabilità di genitori? Quanto e come siamo disposti a sperimentarci e a sperimentare situazioni che ci allenino ad uno stile relazionale famigliare affidabile e responsabile, creando un’alleanza in questa direzione?

Lo scudo molle

Tratto da DUNE di Frank Herbert, Fanucci Editore, p. 367.

Una delle trovate fantascientifiche che più mi hanno intrigato nella lettura dell’opera di Herbert è sicuramente quella dello “scudo laser portatile”: un aggeggio da portarsi al polso o alla cintura, in grado di creare un campo di forza ideato per respingere e rallentare gli attacchi veloci e aggressivi.

Lo stile di lotta ideato per passare le difese di chi indossava uno scudo si concentrava su movimenti fluidi e suadenti, che permettevano alla lama di affondare lentamente nella difesa per arrivare al corpo dell’avversario.

Quante volte, in questi anni, ci siamo interrogati davanti a quegli adolescenti che sembravano indossare uno “scudo molle”, fatto di indifferenza millantata e strafottenza impenetrabile: contro le quali alzare la voce, imporre limiti ed elargire punizioni sembravano in tutto e per tutto come quegli “attacchi troppo veloci” deflessi dallo scudo di Paul Atreides!

Uno scudo che non può essere semplicemente “spento”, perché formatosi a difesa di una sensibilità troppo elevata, troppo accesa, troppo scoperta… fondamentalmente insicura. Allora meglio fingere (e crederci) che non puoi toccarmi. Allora meglio ributtarti indietro l’inutilità e l’ansia delle tue regole. Allora meglio deflettere le tue aggressioni e i tuoi giudizi spegnendoli in un lento affogare di silenzi e sguardi mancanti.

Quale strategia evolutiva possiamo offrire? Quali strumenti educativi possiamo usare davanti a questi “scudi molli”, se vogliamo stimolare una relazione che vada al di là delle difese, stimolando e recuperando la sensibilità emotiva dei portatori senza abusarne o ferirla? Quali passaggi, se vogliamo costruire una quotidianità funzionale e proiettata verso un prossimo futuro accettabile e fiducioso?

Ad ognuno una lettura pedagogica. Ad ognuno uno sguardo sul proprio paesaggio relazionale. Ad ognuno una nuova prospettiva.